Attenzione al pesce crudo e ai frutti di bosco congelati
L’epatite A è un virus ad RNA appartenente al genere Enterovirus, è responsabile di una malattia infettiva acuta che colpisce il fegato e si contrae generalmente attraverso l’ingestione di acqua e cibi contaminati dal virus.
Il virus presenta una distribuzione geografica ben precisa, infatti risulta endemica (tipica di una popolazione o di un territorio) nelle regioni meridionali, la circolazione è facilitata dalla globalizzazione del mercato che comporta oltre ad un rapido scambio di merci, anche una potenziale diffusione di microrganismi da aree endemiche ad aree con bassa circolazione di anticorpi e quindi con popolazioni più suscettibili.
Infatti nelle zone ad alta endemia la maggior parte degli individui adulti ha anticorpi contro questo virus, avendo contratto l’infezione in età infantile o neonatale, quando gli effetti dell’infezione sono mitigati dalla presenza degli anticorpi di origine materna.
L’andamento dell’infezione è prevalentemente endemico, ma non sono infrequenti circoscritti episodi epidemici legati al consumo di frutti di mare o vegetali e frutta o acqua contaminati.
Nei casi clinicamente manifesti si può avere ittero transitorio accompagnato da un rialzo delle transaminasi sieriche (GOT e GPT), a testimonianza di un danno epatico in atto.
Generalmente non si osservano esiti permanenti e la malattia regredisce in una o due settimane. Raramente possono verificarsi casi di epatite fulminante, spesso con esito letale, presumibilmente dovuti a una massiva distruzione degli epatociti per opera di linfociti citotossici, con andamento iperacuto e grave compromissione dello stato generale che evolve a coma e frequentemente alla morte.
Il virus viene eliminato in grande quantità nelle feci, ove è evidenziabile circa due settimane prima fino a una-due settimane dopo la comparsa dell’ittero.
Il controllo igienico del processo deve quindi essere esteso, oltre che ai batteri, alle muffe ed ai lieviti, anche ai virus, che possono presentare una maggiore resistenza rispetto agli altri microrganismi, al calore e ai disinfettanti.
Eziopatogenesi
Trasmissione
A seguito dell’ingestione dell’alimento contaminato, gli enterovirus infettano l’orofaringe o il tratto intestinale. Il meccanismo con cui il virus dell’epatite A provoca la malattia non è ancora ben conosciuto: si ritiene che la moltiplicazione virale avvenga nel tratto gastrointestinale e che successivamente i virus raggiungano il fegato per via ematica; la replicazione extraepatica tuttavia non è stata ancora documentata.
Nel fegato i virus infettano gli epatociti causando infiammazione e necrosi cellulare. L’infezione non cronicizza mai e conferisce immunità a lungo termine.
Incubazione
Il periodo di incubazione è in media di 4 settimane (da 2 a 6 settimane). L’insorgenza della malattia è caratterizzata da sintomi aspecifici come febbre, cefalea, malessere, astenia, anoressia, nausea, generalmente seguiti da vomito e dolore addominale. Successivamente compaiono ittero e pigmenti biliari nelle urine.
La malattia può durare da poche settimane a diversi mesi e la sua gravità aumenta con il progredire dell’età. Si tratta tuttavia di una patologia autolimitante, raramente fatale.
L’infezione tende ad essere asintomatica nei bambini e pertanto la malattia si manifesta prevalentemente nei giovani e negli adulti.
Serbatoio d’infezione
Feci e sangue di soggetti infetti, malati o portatori precoci 2-3- settimane prima della comparsa dell’ittero. La principale modalità di trasmissione è da uomo a uomo per via oro-fecale, con frequente contagio tra familiari, e attraverso acque infette.
Alimenti coinvolti
Ostriche, molluschi bivalvi, latte, succo d’arancia, insalate di patate, affettati, fragole e frutti di bosco congelati, dolci alla panna montata, panini imbottiti, insalate miste.
La dose infettante non è ancora chiara: si ritiene sia bassa, dell’ordine di 100 particelle virali.
Resistenza ai fattori fisici
Gli enterovirus resistono bene all’acidità, Ph 3,0, ai detergenti e ai solventi lipidici.
Il virus dell’epatite A ha una resistenza al calore elevata, e sopravvive al congelamento.
Diagnosi
La diagnosi di epatite A viene fatta mediante la determinazione di IgM specifiche, rilevate con metodi immunoenzimatici. La presenza di IgG specifiche testimonia pregressa infezione o vaccinazione e indica uno stato immunitario di protezione.
Prevenzione
Fondamentale è la prevenzione della contaminazione fecale diretta ed indiretta degli alimenti. Le mani dei soggetti infetti rappresentano, la principale fonte di trasmissione del virus dell’epatite A, una cura particolare deve essere rivolta all’igiene personale ed è fondamentale l’isolamento dei malati per 15 giorni dal momento della diagnosi e comunque non oltre 10 giorni dalla comparsa dell’ittero.
L’altra importante fonte di trasmissione è rappresentata dai molluschi bivalvi; da qui la prevenzione dell’inquinamento delle zone costiere adibite all’allevamento di molluschi e lo smaltimento corretto e controllato dei liquami, attraverso la ricerca diretta del genoma virale. Da non dimenticare la cottura adeguata degli alimenti.
E’ disponibile il vaccino contro l’epatite A, come profilassi specifica per le persone che si recano in paesi ad alta endemia, quindi a rischio di infezione.
La vaccinazione è consigliabile anche nei soggetti particolarmente a rischio, per esempio i lavoratori addetti alle fognature e alla loro depurazione.
a cura della Dottoressa Claudia Lo Magno
Biologo Nutrizionista Specialista in Microbiologia e Virologia