Malattia dalle cause ancora incerte esistono diverse terapie
Prima della lettura vi consiglio di rivedere l’articolo” La leucemia linfatica cronica, neoplasia ematologica”.
La leucemia a cellule capellute o tricoleucemia detta anche HCL (dall’inglese hairy cell leukemia) è una neoplasia linfoide caratterizzata da una trasformazione neoplastica dei linfociti B maturi, da un decorso indolente e da un prevalente interessamento del midollo osseo e della milza. L’affezione è forse più conosciuta come “reticoloendoteliosi leucemica” e dopo la prima segnalazione di Ewald nel 1923, è stata dettagliatamente descritta nel 1958 da Bouroncle, Wiseman e Doan. La tricoleucemia è caratterizzata dal fatto che i linfociti B presentano dei caratteristici prolungamenti citoplasmatici simili a capelli da cui deriva il nome.
Incidenza
Si tratta di una neoplasia rara che rappresenta circa il 2-3% delle forme leucemiche dell’adulto negli Stati Uniti e nell’Europa Occidentale. Colpisce soggetti di età adulta e avanzata (sono però segnalati casi anche in età giovanile) con una mediana di insorgenza intorno ai 50 anni ed una netta prevalenza nel sesso maschile (M:F 5:1).
Eziologia (cause)
Non se ne conosce una causa certa per cui sono state formulate parecchie ipotesi diagnostiche. Nel 2011 un’importante scoperta effettuata dal Prof. Falini, Direttore dell’Ematologia dell’Università di Perugia insieme ai suoi collaboratori, ha segnato una svolta importante in questa malattia. Questi ricercatori hanno infatti sequenziato il DNA (il sequenziamento del DNA è un processo che serve a mettere in fila le basi che lo costituiscono in modo da poterlo analizzare in quanto esso contiene tutte le informazioni genetiche ereditarie) delle cellule leucemiche capellute e isolato 5 geni potenzialmente all’origine della malattia. Uno di questi è il gene BRAF il quale può acquisire delle mutazioni (cambiamenti) che lo rendono attivo anche senza uno specifico segnale per cui le cellule vanno incontro a crescita incontrollata.
Sono state identificate circa 40 mutazioni del gene BRAF. La più comune è l’alterazione V600E che è presente in tutti i pazienti affetti da tricoleucemia ma si può riscontrare anche in altre neoplasie tra cui ricordo il melanoma ed il tumore papillare della tiroide.
Grazie a questa importante scoperta è possibile effettuare una diagnosi precoce della tricoleucemia ed una “cura mirata” (vedere dopo).
Quadro clinico, sintomi
I segni ed i sintomi di esordio dell’HCL sono molto variabili. Data la crescita lenta i pazienti possono a volte non presentare sintomi per lunghi periodi e la diagnosi essere occasionale. I sintomi più frequenti ma comuni con altre malattie ematologiche sono: astenia (stanchezza) intensa, calo ponderale, febbricola, sudorazioni notturne, splenomegalia (ingrandimento della milza) con i disturbi correlati cioè senso di ripienezza, peso all’ipocondrio sinistro e difficoltà digestiva, epatomegalia (ingrandimento del fegato).
Possono essere presenti disturbi neurologici, fenomeni autoimmuni (patologie in cui il sistema immunitario “per errore” reagisce contro i propri componenti) e vasculitici (processi infiammatori che interessano la parete dei vasi), localizzazioni scheletriche, infezioni opportunistiche (dovute alla neutropenia) e comparire ecchimosi (dovute alla piastrinopenia).
Diagnosi
Sono necessari i seguenti accertamenti su cui non mi soffermo in quanto di competenza specialistica:
- accurato esame obiettivo da parte del medico con valutazione di linfonodi, milza, fegato;
- esame emocromocitometrico: si riscontra in genere una pancitopenia (bassi livelli di globuli bianchi, globuli rossi e piastrine), in particolare una monocitopenia (basso numero di monociti) ed una neutropenia (basso numero di neutrofili);
- esame citomorfologico dello striscio di sangue periferico: caratteristico è il riscontro di linfociti con citoplasma villoso (cellule capellute);
- esami ematochimici: LDH, uricemia, β2 microglobulina sierica, elettroforesi sieroproteica, studio dell’autoimmunità;
- aspirato midollare e/o biopsia ossea: la malattia coinvolge prevalentemente il midollo osseo e la milza dove si evidenzia un’infiltrazione significativa da parte delle cellule neoplastiche (tricoleucociti), a livello midollare c’è un aumento delle fibre di reticolina che possono arrivare a sostituire il midollo emopoietico. Questo determina una grave e progressiva fibrosi che rende ragione della citopenia (riduzione delle cellule) periferica nonché della difficile aspirazione di sangue midollare dalla cresta iliaca motivo per cui si rende necessaria la biopsia ossea;
- studio citochimico: le cellule dell’HCL hanno la proprietà di reagire in modo specifico ad una reazione citochimica denominata “fosfatasi acida resistente all’acido tartarico (TRAP)” che visualizza piccoli granuli irregolari distribuiti in modo diffuso nel citoplasma;
*studio immunofenotipico (mi limito ad illustrare solo gli elementi essenziali) le cellule capellute mostrano una positività per gli antigeni PAN B linfocitari (CD19, CD20, CD22). Inoltre esse coesprimono il CD11c, il CD25 e il CD103; - TC total Body per valutazione di linfonodi, fegato, milza.
Voglio segnalare che la malattia può avere numerose varianti che rendono difficoltosa la diagnosi.
Infine ricordo che è a disposizione un test molecolare sensibile e specifico basato sulla ricerca della mutazione di BRAF.
Complicanze
Le più frequenti sono:
- Insorgenza di gravi infezioni batteriche e/o opportunistiche (virali, pneumocystis, riattivazioni tubercolari, infezioni fungine);
- Insorgenza di malattie autoimmuni specie vasculiti;
- Associazione con altre malattie ematologiche;
- Associazione con altre neoplasie (carcinoma colon retto).
Prognosi
L’ottenimento di una risposta completa (RC) con normalizzazione delle citopenie periferiche (riduzione dei GB, GR, e PLT), scomparsa della splenomegalia (ingrandimento della milza) e dell’infiltrato leucemico midollare, rappresenta l’obiettivo che dobbiamo cercare di raggiungere in ogni paziente. Infatti se raggiungiamo la RC questi pazienti avranno una sopravvivenza libera da progressione 5 volte maggiore rispetto a quelli che ottengono solo una risposta parziale (RP). Talvolta anche solo con una linea di terapia è possibile ottenere delle RC di lunga durata anche maggiori di 15 anni.
Purtroppo non ci sono dei parametri che ci permettono di stabilire prima del trattamento quale sarà la risposta.
La ricaduta dopo l’ottenimento di una precedente risposta purtroppo si verifica nel 30-40 % dei pazienti nell’arco dei primi 10 anni. Questo ci fa intendere che anche dopo una terapia efficace può persistere una minima quota di malattia residua.
Terapia
L’approccio terapeutico più utilizzato in passato era la splenectomia (rimozione della milza) con risposte terapeutiche non durature.
Nel 1984 è stato introdotto l’interferon (IFN). È una proteina ad azione antivirale ed immunoregolatoria sintetizzata da differenti tipi cellulari del nostro organismo. Ne esistono diversi tipi di cui alcuni possono essere prodotti in laboratorio. Può essere impiegato anche in basse dosi ed in gravidanza. Con questo farmaco si ottiene quasi sempre la remissione ma non può essere mai interrotto (la somministrazione è sottocutanea!).
Verso la fine degli anni ’80 sono stati introdotti due chemioterapici analoghi delle purine: Cladribina e Pentostatina. Attualmente la terapia standard dell’HCL è costituita da un singolo ciclo di cladribina in infusione continua per 7 giorni oppure in infusione di 2 ore per 5 giorni. È emerso da numerosi studi che i cicli singoli con cladribina inducono alti tassi di risposte complete e durature nella maggior parte dei pazienti giovani con HCL. Pertanto tali cicli vengono raccomandati in tutti i pazienti affetti da tricoleucemia indipendentemente dall’età (Rosenberg JD e al., Blood 2014;123:177-183). La pentostatina è considerata una terapia di seconda linea.
Il Rituximab è un anticorpo monoclonale prodotto in laboratorio rivolto contro la proteina CD20 presente sulla superficie dei linfociti B normali e maligni. Viene usato in associazione con gli analoghi delle purine nei casi di HCL refrattaria o recidivata.
Il Vemurafenib è un nuovo farmaco che viene utilizzato nei pazienti che non rispondono alle cure tradizionali. Si tratta di un farmaco “intelligente” che colpisce selettivamente la lesione genetica che causa l’HCL cioè la mutazione di BRAF. È grazie al Prof. Falini, che ho già menzionato prima, coadiuvato dal dr Tacci, che sono stati fatti numerosi studi ed approfondimenti sull’utilizzo di questo farmaco.
Il Vemurafenib può essere utilizzato per via orale e gli effetti collaterali tossici sono sempre reversibili e si manifestano solo a livello cutaneo e articolare ma non midollare. Il Vemurafenib induce una risposta clinica nei pazienti refrattari alle chemioterapie convenzionali in più del 90% dei casi con circa il 30% di RC (remissioni complete). Inoltre il farmaco dà un grosso beneficio clinico in quanto determina una riduzione del fabbisogno trasfusionale e della splenomegalia.
Consigli
Se vi viene diagnosticata una tricoleucemia non spaventatevi perché al momento attuale esistono numerose terapie che possono farvi guarire. Anche nel caso che la vostra malattia sia resistente alle cure tradizionali attualmente esistono farmaci sperimentali che possono essere impiegati con successo.
Vi consiglio una buona comunicazione con il vostro medico e con l’ematologo che vi segue. Vi spiegheranno le caratteristiche della vostra malattia, il decorso e le cure disponibili in modo che possiate decidere coscientemente la via da seguire.
Può essere utile (ma questo dipende dal carattere di ognuno) che prendiate contatto con altre persone affette dalla vostra stessa malattia in modo da poter scambiare con loro opinioni, impressioni e condividere le vostre paure ed ansie. Eviterei però di chiedere consigli in quanto ogni malattia e ogni malato rappresentano un’entità a se stante. Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per “i gruppi di sostegno”.
Anche nel caso della tricoleucemia è opportuno mantenere uno stile di vita corretto ed un’alimentazione equilibrata. Vi sconsiglio di effettuare “cure alternative” perché la tricoleucemia è una malattia che può guarire con le cure tradizionali.
dott.ssa E. L.