John Langdon Down, lo studioso che l’ha descritta
La Sindrome di Down è la più comune forma di ritardo mentale, caratterizzata da tratti somatici distintivi: profilo facciale piatto, brachicefalia, orecchie e naso piccoli, palpebre oblique verso l’alto, labbra sottili e lingua sporgente, mento piccolo, collo e mani corti con solco palmare unico. A questi si accompagnano spesso malformazioni congenite più gravi, come cardiopatie e atresia duodenale. In molti casi si ha una prematura comparsa dei segni clinici della malattia di Alzheimer già intorno ai 40 anni.
Il nome deriva dal primo studioso che descrisse la Sindrome di Down nel 1866, John Langdon Down, il quale, per via della somiglianza dei caratteri con quelli della razza mongola, si riferiva agli affetti con il termine mongoloide, oggi in disuso per la sua accezione dispregiativa e la fuorviante connotazione razziale.
Fino alla metà del ‘900 non si conosceva l’origine della malattia, anche se era nota l’associazione tra il rischio di insorgenza e l’età materna. Fu Jérôme Lejeune nel 1959 a scoprire che la Sindrome di Down era determinata dalla presenza di un cromosoma soprannumerario. In particolare la malattia è dovuta alla presenza di tre copie del cromosoma 21, da cui il nome di “trisomia 21”.
Si tratta di uno dei pochi casi in cui l’alterazione nel numero dei cromosomi è compatibile con la vita, ed i soggetti Down sono in grado di inserirsi nella società e nel mondo del lavoro raggiungendo un soddisfacente grado di autonomia. Le loro attese di vita sono relativamente più basse della media della popolazione sana.
Quali sono le Cause della Sindrome di Down
La Sindrome di Down è una malattia cromosomica che in più del 90% dei casi è causata da una trisomia 21 detta libera, originata prevalentemente da una non-disgiunzione meiotica materna. Per comprendere il significato di questa anomalia è utile conoscere il processo della meiosi.
La meiosi è il processo di divisione cellulare che genera le cellule sessuali o gameti, ovuli e spermatozoi. E’ costituita da due divisioni in successione mediante le quali, dopo un unico ciclo di replicazione del DNA, una cellula diploide, cioè con 46 cromosomi organizzati in 23 coppie, dà origine a quattro cellule aploidi, contenenti metà del corredo cromosomico e quindi solo 23 cromosomi. Da queste cellule, in seguito a maturazione, si formeranno i gameti. Essendo costituita da due divisioni successive, la meiosi viene suddivisa in meiosi I e meiosi II.
Meiosi I
Durante la meiosi I, dopo che il DNA è stato duplicato, i cromosomi, uno di origine materna ed uno di origine paterna nella coppia, sono costituiti ciascuno da due cromatidi, filamenti sottili ed allungati di DNA legati da una strozzatura chiamata centromero, assumendo la classica forma ad X. Nella profase I i cromosomi omologhi, cioè quello paterno e quello materno della coppia, si appaiano e si scambiano porzioni in un processo detto “crossing over”, la membrana che custodisce il nucleo della cellula si disgrega ed un fascio di fibre proteiche parte dalle estremità della cellula per raggiungere e legare i cromosomi. Durante la metafase I i cromosomi vengono trascinati dalle fibre in posizione equatoriale disponendosi simmetricamente, in modo tale che ciascun cromosoma omologo sia rivolto verso uno dei poli della cellula. E’ proprio durante l’anafase I che le fibre tirano verso i poli opposti i cromosomi omologhi, separandoli equamente in due cellule alla telofase I.
Meiosi II
La meiosi II non è preceduta da duplicazione del DNA e i cromosomi, formati sempre da due cromatidi legati al centromero ma non più organizzati in coppie, vengono raggiunti nuovamente dalle fibre proteiche che si dipartono dai poli in profase II. In metafase II i cromosomi si dispongono sulla linea equatoriale in modo che i singoli cromatidi di un cromosoma siano rivolti verso i poli opposti della cellula. In anafase II i cromatidi vengono tirati verso i poli opposti, formando qui due nuclei in telofase II. Durante la citodieresi si forma il setto che separa definitivamente le cellule che si sono originate. Si formano così quattro cellule contenenti un singolo cromatidio, aploide, a partire da una cellula diploide.
Durante lo sviluppo di un feto femminile i precursori delle cellule uovo, oociti primari, cominciano la divisione meiotica ma non la portano a termine, arrestandosi in profase I fino alla maturazione sessuale della donna. Da quel momento ogni mese all’ovulazione l’oocita continua la sua prima divisione meiotica formando un oocita secondario ed un globulo polare primario. L’oocita secondario completa la meiosi II solo nel momento in cui si incontra con lo spermatozoo.
La non-disgiunzione meiotica
Si tratta una anomalia della meiosi per cui i cromosomi dell’oocita non vengono separati correttamente nell’anafase e nell’ovulo sarà presente una copia in più o nessuna copia di un cromosoma, dando origine poi nel momento della fecondazione a una cellula con un corredo cromosomico alterato. La non-disgiunzione può avvenire in prima o in seconda divisione meiotica; se avviene in meiosi I la donna originerà due cellule disomiche, con due copie dello stesso cromosoma, e due cellule nullisomiche, con nessuna copia cromosomica; se essa avviene in meiosi II la situazione è meno grave perché due cellule saranno normalmente aploidi, una sarà disomica e l’altra nullisomica.
La probabilità di non-disgiunzione meiotica aumenta con l’aumentare del tempo durante il quale l’oocita è rimasto nell’ovaio arrestato nella meiosi. E’ importante, quindi, che le future madri in età avanzata si sottopongano ad amniocentesi o villocentesi per la diagnosi prenatale.
Rari sono i casi in cui la Sindrome di Down in trisomia libera sia presente come mosaicismo, cioè solo alcune cellule dell’individuo sono trisomiche mentre le altre hanno un corredo cromosomico normale. In questo caso il quadro clinico risulta essere più attenuato in dipendenza dalla percentuale di mosaicismo.
La Sindrome Familiare
La Sindrome di Down può anche originarsi da una alterazione strutturale dei cromosomi chiamata traslocazione Robertsoniana. In questa forma la sindrome è detta familiare. La traslocazione è una aberrazione cromosomica derivata dalla rottura e fusione di porzioni di cromosomi non omologhi. In particolare la traslocazione Robertsoniana comporta la fusione di due cromosomi acrocentrici (cromosomi con il centromero molto vicino all’estremità) dopo la rottura a livello del centromero. Nel caso della Sindrome di Down la traslocazione Robertsoniana unisce il cromosoma 21 al cromosoma 14 o 15; il portatore eterozigote ha due copie di entrambi i cromosomi traslocati e non manifesta la malattia. Il rischio si pone nel caso della progenie di genitori eterozigoti con individui sani che per 1/6 avrà la trisomia 21.
Rarissimi sono i casi in cui i pazienti affetti dalla Sindrome di Down hanno una copia in più solo della parte distale del braccio lungo del cromosoma 21 traslocata su un altro cromosoma. Si parla in questo caso di trisomia parziale.
Cure e ricerca medica
Ad oggi una cura per la Sindrome di Down non esiste, tuttavia promettenti soluzioni arrivano dalla ricerca. Infatti di recente sono state pubblicate ricerche in cui il trattamento con fluoxetina, principio attivo del Prozac, su cavie gravide e nei topini appena nati fa scomparire i difetti tipici della Sindrome di Down. Inoltre un grosso progetto di ricerca sta tentando di determinare i marcatori molecolari della malattia, non ancora chiari, e la loro funzione biologica allo scopo di individuare un nuovo approccio terapeutico mirato, possibilmente anche di tipo genetico.
Dott.ssa Viviana Barra