Le Malattie Cardiache e Circolatorie
Le dislipidemie sono un importante fattore di rischio nell’insorgenza delle malattie cardiache e circolatorie. Sono definite come una variazione delle concentrazioni di una o più classi lipoproteiche (trigliceridi e/o colesterolo), queste variazioni favoriscono la comparsa dell’arteriosclerosi e delle patologie ad esse correlate quali infarto miocardico e ictus.
Il Colesterolo Totale viene introdotto giornalmente con la dieta (quota esogena) ma viene anche sintetizzato dalle cellule epatiche (quota endogena) i valori normali sono compresi tra 120-200 mg/100 ml.
Il colesterolo viene trasportato nel sangue tramite le lipoproteine LDL (lipoproteine a bassa densità) e HDL (lipoproteine ad alta densità).
Il colesterolo LDL rappresenta il cosiddetto “colesterolo cattivo” perché trasporta il colesterolo dal fegato ai tessuti, i valori normali sono compresi tra 70 – 180 mg/100 ml.
Il colesterolo HDL rappresenta il “colesterolo buono” perché ripulisce i vasi sanguigni dai suoi depositi riportando il colesterolo dai tessuti periferici al fegato, per essere riciclato o eliminato con la bile, i valori normali sono compresi tra 40 – 80 mg/100 ml.
Al fine di definire al meglio il rischio cardiovascolare riveste maggiore importanza l’analisi delle frazioni del colesterolo, cioè HDL e LDL e non l’analisi del colesterolo totale.
Quando le LDL sono in eccesso, il rischio è alto, al contrario, quando le HDL sono abbondanti, il rischio vascolare si abbassa. L’indice di rischio cardiovascolare è considerato nella media della popolazione fino a 4,44 per le donne e, 4,97 per gli uomini.
I trigliceridi sono un altro tipo di grassi che circola nel sangue. Anche questi grassi possono contribuire all’arteriosclerosi. Il valore ematico dei trigliceridi varia fisiologicamente nell’intervallo 40-170 mg/100 ml.
Come si formano le Placche Aterosclerotiche
I lipidi presenti nel sangue cominciano a depositarsi nelle pareti dei vasi sanguigni determinando un indurimento che porta alla formazione della placca aterosclerotica, che tenderà ad accrescersi all’interno del vaso determinando il restringimento del calibro del vaso, ciò determinerà la riduzione del passaggio di sangue e ossigeno ai tessuti.
Il deposito di lipidi e sostanze fibrose nelle pareti dei vasi può anche determinare la rottura o l’ostruzione completa del lume del vaso causando un blocco del passaggio di ossigeno determinando infarto del miocardio o ictus cerebrale a seconda che si tratti di arterie che nutrono il cuore o il cervello.
Tra le cause dell’aterosclerosi sono annoverate:
- il sesso, in particolare il sesso maschile è più colpito, le donne ne sono colpite in misura minore e solo dopo la menopausa;
- la familiarità, cioè avere familiari che hanno sofferto della malattia in età precoce;
- la dieta ricca di grassi saturi di origine animale;
- il fumo di sigaretta
- elevati livelli di trigliceridi e colesterolo nel sangue;
- la scarsa attività fisica;
- il consumo di alcool;
- l’obesità;
- il diabete;
- l’aumento della pressione arteriosa;
- fattori di stress.
Le cause delle displipidemie
Le dislipidemie possono essere congenite o acquisite. Le forme congenite sono ereditate alla nascita, mentre le forme acquisite sono legate per lo più a una dieta scorretta, iperlipidica e ipercalorica, oppure possono essere conseguenti a malattie in cui risulta alterato il quadro lipemico, come nella sindrome nefrosica, nella cirrosi epatica biliare, nell’ipotiroidismo, nella pancreatite, nell’alcolismo, nella glicogenolisi.
Regole-guida nelle displipidemie:
Nelle dislipidemie la dieta riveste senza dubbio un ruolo terapeutico fondamentale, in quanto sovente costituisce l’elemento base del trattamento in grado di riportare i valori dei lipidi ematici nei limiti della norma; comunque, anche nel caso fosse necessario ricorrere alla terapia farmacologica, questa si affiancherà sempre alla terapia dietetica.
La prima e fondamentale regola è il controllo del peso corporeo tramite un’attenta scelta qualitativa dei cibi.
- riduzione dell’apporto calorico in caso di sovrappeso;
- limitazione dell’apporto lipidico;
- ulteriore limitazione dei grassi saturi con uso preferenziale dei grassi polinsaturi;
- riduzione dell’assunzione della quota di colesterolo;
- aumento del consumo di glucidi complessi e fibra;
- restrizione dell’apporto dei glucidi semplici;
- restrizione dell’apporto di alcool.
L’ipertensione arteriosa
L’ipertensione arteriosa rappresenta un notevole fattore di rischio nell’insorgenza delle malattie cardiocircolatorie e gioca un ruolo importante nell’eziopatogenesi dell’arteriosclerosi.
La pressione arteriosa è la pressione esercitata dal sangue sulle pareti dei vasi arteriosi e venosi in cui esso circola sotto la spinta del cuore; la pressione massima corrisponde alla fase di contrazione del cuore e viene chiamata sistolica, la pressione minima corrisponde alla fase di rilassamento del cuore e viene chiamata diastolica.
Il comitato nazionale congiunto JNC 7 (Joint National Committee on Prevention) ha stabilito in tema di pressione arteriosa, quali siano le condizioni di normalità e le condizioni di ipertensione:
- normalità: pressione sistolica minore a 120 mmHg e pressione diastolica minore a 80 mmHg;
- ipertensione: pressione sistolica superiore ai 140 mmHg e/o pressione diastolica maggiore dei 90 mmHg;
- ipertensione sistolica isolata: quando è alta solo la pressione sistolica cioè maggiore o uguale a 140 mmHg.
a cura della Dott.ssa Claudia Lo Magno Biologo Nutrizionista